lunedì 19 novembre 2018

GUNDHARA





LOCANDINA:




















ANNO: 1995

SOFTWARE HOUSE: Banpresto Co., Ltd.

GENERE: Sparatutto

DESCRIZIONE: 
Raiden II e Smash TV. Li si metta in copula e vi si estragga poi Gundhara, l’ammazzatore Banpresto più che verticale che s’era provato a battere in tardo Novantasei presso Futura, che era la sala giochi per ragazzi alla moda avente sul retro il bowling coi birilli di cartone.
Erano i tempi in cui le sale cominciavano a liberarsi della funzione di aggregante per socialmente inabili, e qualche anno ancora e i videopoker avrebbero preso a sostituire i cabinati, e qualche anno ancora e la dipendenza (ingenua) da coin-op avrebbe abdicato in favore della obbedienza a polveri bianche messe in dispensa proprio lì dove, un tempo, si era usato barattare fior di gettoni conio 1980 per dosi di miraggi elettronici a breve durata. Gundhara spara.
In verticale, in diagonale, in tangenziale. Grande quantità d’azione si stringe ai fuochi degli eroi coi fucili in costante upgrade, e ci sono queste icone in mutazione che dicono di opzionare l’arma che più s’adatta alle proprie esigenze di guerra termonucleare di terra.

Banpresto fa presto a elaborare pluridirezioni con intrusioni à la Shock Troopers 2nd Squad per non fare che il gameplay diventi un onesto progredire di meccaniche.
Si inserisce opportuno il mezzo robotico coi cannoni che oltre a smontare lo schermo può anche calpestare gli omini nemici in trionfo di agglomerazioni di pixel e morte, ed è appunto questo blocco di sostanza bidimensionale che si degrada a generare, per Gundhara, l’apoteosi dello spara e fuggi di classe A, ovvero quel genere di titolo di genere che riesce a modificarsi in aggancio a feste di mezzi esterni studiati a contaminazione delle dinamiche classiciste che erano state il crocevia del verticalismo nuovo di Commando e Ikari Warriors.
Non ci si aspetta di montare in sella a un chopper, superato il primo livello, né di dover agire di sbandamento per buttare fuori strada i mafiosi. Poi arriva l’elicottero e la situazione ritorna agli standard dello scansamento di proiettili e del lancio di smart bomb, che servono sempre in condizioni estreme, eppure l’intrattenimento conserva sostanza anche quando raffermo sulla mera ostentazione del casinismo arcade.

Torna utile la spazzata: vi è un terzo pulsante che attiva calci circolari da performarsi in zona d’accerchiamento, per liberare gli schermi da questi gruppi di pupazzi che sembrano formiche, tanto sono tanti. Eccelso il sistema di controllo.
Si spara in fissaggio della direzione, mantenendo premuto, così ci si può concentrare sui pallini che arrivano abbondanti. Si impari a variare l’arma: il laser a centratura multipla di Raiden II sembra essere l’attrezzo più dotato in termini di lunghezza e prestazioni, benché il lanciarazzi acquisti un certo significato nelle fasi avanzate, ché si può far strage di cattivi quando questi aumentano e non sai dove andare e cosa fare. Ad aumentare il punteggio ci pensano gli ostaggi. Li si renda liberi.
 Quindi estetiche, i colori. Orbene il monitor mostra cose che si muovono in fluidità, mostri ingombranti agire ostili verso gli eroi. E Banpresto sa quello che vuole: la massa.

Il casino. Gundhara smuove quintali di ometti e congegni e detriti ed è il mattatore del veglione di capodanno, stappa lo champagne dell’allegria col cappello a punta e le girandole che suonano, per fare la baldoria e il fracasso di Capitan Fracassa, il baccano del trenino della felicità, Brazil Brazil e l’amico Charlie Brown. Suonerie interessanti, mentre si spara, mentre si uccide, durante l’amplesso. Suoni giapponesi di action movie di successo. Effetto incline al metallo che si espande coi mille gradi del detonare furioso, ed occorre un secondo vivente privo di vulva che s’aggiunga in corsa al battagliare del bersagliere con la tromba e la treglia di un metro e mezzo, e gli occhiali da sole.

GUNDHARA

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