martedì 11 dicembre 2018

SPLATTERHOUSE: WANPAKU GRAFFITI




LOCANDINA:




















ANNO: 1989

SOFTWARE HOUSE: Namco Ltd.

GENERE: Picchiaduro A Scorrimento Orizzontale

DESCRIZIONE: Cominciando dalla trama: il nostro personaggio è morto! La sua ragazza va triste, al cimitero per piangere sulla tomba... un fulmine e... ecco che compare un “omino” tozzo, basso e grasso, con la classica maschera alla “Venerdì 13” in testa.
Il nostro personaggio è risorto!!! (alla Altered Beast per intenderci). Il problema è che un altro fulmine colpisce una bara vicino da cui esce un demone “zucca”, sullo stile del mostro di Halloween.
La zucca malefica rapisce la ragazza e a noi spetta il compito di andare a recuperarla.

Praticamente la versione per Nes è una rivisitazione in chiave super deformed degli elementi caratteristici del titolo da sala giochi.
Mostri e ambientazioni, pur rimanendo in tema, hanno acquisito un aspetto goffo e non fanno più paura.
Una delle novità di Wanpaku Graffiti è l’introduzione delle parodie di alcuni famosi film come Alien, la Mosca, l’Esorcista.

Se da un lato queste introduzioni sono sempre ben fatte e simpatiche da vedere (come per esempio la scena “Alien”, in cui da una ragazzina distesa saltano fuori una cinquantina di ragni/alien e alla fine la stessa si alza e come se niente fosse e se ne va) dall’altro vanno a snaturare un po’ l’originalità e la personalità del titolo da cui prende spunto.

Per fortuna oltre ai film sono anche presenti gli elementi che hanno reso celebre la saga; quindi, coltelli che volano, acque putride, sanguisughe, morti/nonmorti, oggetti che si animano, eccetera.

Altra novità è la possibilità di far evolvere il personaggio protagonista: uccidendo i nemici si incrementa un contatore e a fine conteggio la barra di energia aumenterà di un tot di tacche. Per finire, questo gioco può fare affidamento su comode password.

La bellezza di veder spappolare i nemici o di vederli sbattere contro una parete spiaccicandosi e rimasta intatta, anche se con risultati ovviamente meno “forti”; mi pongo però una domanda: che senso ha fare una versione deformed di Splatter House mantenendo però teste che si staccano, nemici che se sbattuti contro una parete vanno in “pappa” e frattaglie intestinali che volano via alla morte di alcuni boss?
La domanda mi sorge spontanea perché , secondo me, i programmatori, o creavano un gioco totalmente innocente e privo di frattaglie volanti e motoseghe inseguitrici oppure si potevano limitare a creare una conversione più o meno fedele all’originale.
Questo videogioco non è adatto ai bambini troppo piccoli per via delle caratteristiche appena descritte ma non è nemmeno così cruento come il titolo originale.

L’unica risposta che appare adeguata è che alla Namcot abbiano voluto creare un titolo destinato comunque ad un pubblico adulto o quasi, ma con elementi e trovate simpatiche e divertenti.

Il gameplay di Graffiti è leggermente diverso dal predecessore, qui l’azione è molto più veloce e fluida, non si usano mai calci e pugni ma si avrà sempre a disposizione un ascia e rarissimamente un fucile, il che permette di considerare questo videogioco uno Slash’em-up a tutti gli effetti.
In ogni caso il divertimento offerto è buono, costringendo il giocatore a trovare di volta in volta le migliori tecniche di attacco e difesa da attuarsi con i diversi boss e anche con i diversi nemici minori.
Il level design non è particolarmente elaborato ma è una caratteristica intrinseca del gameplay, estremamente arcade.

Il reparto tecnico è contraddistinto da sprite grossi (per un nintendo) buone animazioni, scrolling fluido e veloce; le ambientazioni mi sono parse realizzate ottimamente alcune e approssimativamente altre.
Gli effetti sonori, tutto sommato sono adeguati, le musiche invece paiono per la maggior parte decisamente anonime e non hanno trovato approvazione nei miei gusti personali.

La longevità non è alta; nonostante un buon livello di difficoltà (comunque inferiore agli altri capitoli), l’avventura del nostro personaggio risorto non è ardua da completare, il merito di ciò va attribuito anche alle password.
Sono sempre favorevole a questo sistema o a un sistema di salvataggio automatico, tanto che ho criticato l’assenza delle stesse in altri videogiochi, soprattutto se vissuti da un giocatore moderno abituato da sempre a salvataggi e quant'altro, ma se questo sistema viene implementato, allora bisogna anche allungare il gioco.
Per farmi capire meglio faccio un esempio: in Wonder Boy Dragon’s Trap o in uno Zelda qualunque, password o sistemi di salvataggio hanno un senso perché il gioco è lungo (tanto da non poterlo completare in poche ore) e il personaggio evolve in maniera decisa durante l’avventura.

Ad ogni modo, personalmente preferisco la presenza delle password anche quando non sono necessarie piuttosto che l’assenza di esse, perché un giocatore può scegliere se usarle o no, aumentando o diminuendo la longevità a sua discrezione.

In definitiva, una buona produzione anche se non ci troviamo di certo di fronte a un capolavoro. Attenzione: i fans dello Splatter House genuino potrebbero non apprezzare.

SPLATTERHOUSE: WANPAKU GRAFFITI

Nessun commento:

Posta un commento