LOCANDINA:
ANNO: 1993
SOFTWARE HOUSE: Core Design
GENERE: Platform
DESCRIZIONE: Core design nel 1993 riprende in mano un brand che solo un anno prima gli aveva donato il lasciapassare per l’olimpo dei grandi nomi da ricordare nel campo degli home videogame. Il titolo di cui parliamo è Chuck Rock, platform game che vedeva come protagonista un cavernicolo panzone adoperarsi per salvare la sua amata consorte dalle grinfie di un non tanto desiderato spasimante. Questo accadeva alle porte del 1992 su macchina Amiga OCS/ECS e continua un anno dopo con Chuck Rock 2: Son of Chuck, sempre platform, sempre originariamente creato per macchina Amiga.
La storia ci porta avanti col tempo dopo che Chuck, salvata la sua bella consorte Ophelia, ci mostra una vita felice e contenta trascorsa nella loro casetta fatta tutta di roccia. Come in ogni buon matrimonio che si rispetti, non tarda il tempo in cui i coniugi decidono di coronare il loro amore con l’arrivo di un bel bebè. Tutto tranquillo quindi: Chuck ha un matrimonio che fila via a gonfie vele, un figlio sano, bello e forte e un lavoro nella norma come venditore di auto da lui create a colpi di clava. Ecco, Chuck vende auto, e sembra lo faccia anche in modo molto prolifico, tanto da disturbare la concorrenza più agguerrita che non riesce, diversamente dal nostro eroe, a creare macchine degne di tale nome da immettere sul mercato. Capita di trovarsi nei guai anche quando non si cercano e dove non si arriva con l’ingegno si può sempre giungere con la forza, non è forse vero (beh, speriamo non sia sempre cosi)? Ecco dunque che in un pomeriggio come tanti, mentre Ophelia è a casa a badare a Baby Chuck, arriva un messaggio dalla finestra che avverte la povera donna del rapimento avvenuto ai danni del marito, con probabile richiesta di grosso riscatto non accessibile alla famiglia (vista la reazione esasperata mostrata dalla donna). Ma dove non arriva il vile denaro può giungere l’amore di un figlio? Questa volta speriamo proprio di si. Ecco quindi che Baby Chuck prende in mano le redini della situazione. Distrutta la culla in cui era solito riposare e fatta sua la clava di famiglia, con un ghigno di furba sicurezza sulle labbra il bebè si tuffa in un battibaleno alla pronta ricerca del proprio padre rapito.
Bella storia, vero? Non c’è che dire. Peccato che la serie Chuck Rock si sia fermata a soli due episodi, altrimenti, viste le premesse seminate dalla Core Design, sarebbe stato possibile aspirare a una piccola saga basata sulle avventure dell’intera famiglia. Vabbè, accontentiamoci di quel che abbiamo e analizziamo per bene questo titolo che possiede dalla sua parte parecchi assi nella manica per affrontare a testa alta sia il suo stesso prequel che gli altri titoli del genere.
Comincio subito col precisare che sia grafica che sonoro in Chuck Rock 2 sono di prim’ordine. Il gioco è posto su due dischetti con caricamenti che non risultano per nulla invadenti. Il tratto grafico riprende e arricchisce lo stile del primo episodio, con un evidente aumento di colori simultanei in video. Bisogna dire, però, che proprio per via di quest’ultima scelta, si assiste spesso a un’eccessiva scalettatura delle sfumature, facendo apparire alcuni elementi grafici come lievemente “sporchi”. Tecnicamente il distacco invece è evidente. Parallasse più corposo di quello visto nel primo Chuck Rock, effetti di zoom, fondali in prospettiva e fluidità dello scrolling senza incertezza alcuna. Anche il sonoro prende un bel distacco da quello che era il neo più evidente nel capostipite: ora abbiamo finalmente la possibilità di giocare la partita con musica ed effetti sonori simultaneamente e non essere più costretti a scegliere tra l’uno o l’altro. Gli sfx sono ugualmente molto carini e sfiziosi con suoni, versi, urletti, tutti atti a ricreare la giusta atmosfera da giungla preistorica con un accompagnamento musicale del tutto ascoltabile e mai fastidioso. Quello che tutti soprattutto ricorderemo del primo Chuck Rock, però, è la demenzialità azzeccatissima di cui il titolo era pervaso. Anche in questo secondo tentativo ci viene restituita la stessa sensazione comica, ma con un risultato che non riesce a raggiungere le vette del predecessore. Baby Chuck è ben caratterizzato, nulla da eccepire, lo stesso si può dire di tutta la schiera di nemici, ma la sensazione di non farcela a spodestare papà Chuck è palese ed evidente, mostrandosi ben presto inferiore anche in una giocabilità più monotona e meno incisiva. Il problema di Son of Chuck (se di problema si può parlare) è che sembra rivolgersi ad una schiera di videogiocatori più infantile, tracciando il progredire della partita con un’estrema facilità di fondo, oltre ad una linearità degli ambienti quanto mai marcata. L’utente smaliziato non tarderà a sentire “puzza di bruciato” nel comparto giocabilità, ancor più quando si accorgerà che in poche partite ben assestate, avrà in pratica sviscerato l’intero gioco. Ed è proprio la sensazione che ci si rivolga ad un pubblico più infantile che ci lascia l’amaro in bocca anche per via di una demenzialità meno affilata che nel primo episodio, dove ciò che accadeva era sì assurdo, ma raffinatamente pungente. In questo giro le cose che accadono sono tante, il divertimento è ugualmente assicurato, ma lo stile troppo ”lucido” da videogioco per console spezza con quell’allucinante visione che ci portava in giro in una preistoria delirante.
Ottimo seguito questo Son of Chuck, non c’è che dire. Se la gioca alla pari con il suo illustre predecessore e si getta con tutta dignità nella mischia di prodotti analoghi, presenti in abbondanza su Amiga. Occhio a non valutarlo troppo superficialmente superiore al primo Chuck Rock, poiché le battute iniziali potrebbero fortemente fomentare tale tesi, prontamente smentita da una più profonda sessione di gioco e una più attenta analisi nel paragonare entrambi i prodotti. Vi consiglio di provare questo videogioco, poiché il prodotto vale aldilà di ogni possibile paragone. Consigliato soprattutto agli amanti indissolubili del genere platform, i quali troveranno in esso un ottimo e solido esponente del genere. Peccato si riveli veramente troppo facile sul lungo andare, soprattutto se guardato con gli occhi del retrogiocatore smaliziato. Una grande Core Design, comunque, che riafferma la sua indubbia qualità anche a questo giro.
CHUCK ROCK II: SON OF CHUCK
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